
La storia di Monteviasco
C’era una volta una grande e maestosa montagna solitaria, madre di innumerevoli sorgenti e boschi abitati da cervi, cerbiatti e caprioli. Il sole baciava le sue terre permettendo la crescita di fiori e frutti mentre il vento ne accarezzava dolcemente i prati lisciando l’erba che cresceva indisturbata. Nonostante le apparenze, era una valle dura e impervia, spesso matrigna di chi, tronfio delle modernità, non si sottometteva al suo volere. Poche regole ma ferree, tanto rispetto dei limiti imposti e nessuna provocazione.
L’arrivo dell’uomo ne modificò la geografia ma vista l’asprezza dei suoi versanti nessuno osava sfidarla ma conviveva in essa accogliendone capricci e risate. Persone semplici e modeste, che, come lei, amavano la solitudine e la calma, a dispetto di un mondo sempre più frenetico e chiassoso.
Tuttavia, il paese era vivo. Compagnie teatrali, musicisti e grida di bambini risuonavano tra le sue “strece“1. La vita scorreva fluida tra le giornate di duro lavoro nei campi, le discese a valle per vendere i prodotti locali e la transumanza delle bestie agli alpeggi, il tutto scandito dalle feste, organizzate in modo da seguire l’andirivieni degli uomini con lavori stagionali.
E, come per volere di madre natura, a occupare un ruolo di rilievo vi erano le donne, vere guide di quella società così profondamente matriarcale che tutt’oggi è meglio lasciar tranquille. Agricoltrici, allevatrici, infermiere, sarte, lavandaie e, primariamente, madri. Madri di tutti, anche se nubili; figlie devote della “Mamma della Serta” a cui tutto il paese ha sempre dedicato le sue preghiere.
Fra gli abitanti e la montagna non vi era separazione, la sopravvivenza degli stessi, da tempo legata a quello che la terra poteva offrire, ne dipendeva totalmente e spiritualmente.
L’arcano legame rappresenta, oggi più che mai, l’elisir di lunga vita di chi Monteviasco l’ha conosciuta, amata, rispettata e in armonia con essa vive.
Nonostante tutto, lassù, protetta dallo sguardo della Madonna della Serta, in quella valle, culla delle grida di Maria Teresa d’Austria2 nelle notti di tempesta, c’è vita.
Benvenuto o passegger, benvenuto a Monteviasco3.
1Nel dialetto di Monteviasco per indicare una strada/via stretta si usa il termine “strecia“.
2Si narra che con la firma del Trattato di Varese da parte di Maria Teresa d’Austria, furono tolti i pascoli migliori agli abitanti della Val Veddasca; questi, non contenti, non la perdonarono mai del sopruso e, secondo la leggenda, non lo fece neanche il tribunale divino che la condannò a vivere per sempre sulle vette della Striera “durante l’infuriare dell’uragano, l’anima di Maria Teresa guizza in un susseguirsi di fulmini, si fracassa contro le rocce, romba coi tuoni, ulula col vento, scontando così le più terribili pene della giustizia divina, per l’offesa fatta alle popolazioni della Veddasca…” (V. Chiesa, L’anima del villaggio, Gaggini, Lugano 1934)
3All’arrivo della ripida mulattiera è presente una lastra che cita:
“Benvenuto o passegger:
sosta e riposa. Il monte rasserena e disacerba ogni segreta pena.
Sosta per mormorar l’Ave Maria
Ti sembrerà così d’essere bambino e sentirai la mamma a te vicino
Riposa e offri qui la tua fatica ch’è la croce dei poveri amica
Quando riprenderai la lunga via avrai con te la mamma tua Maria
Madre mia, fiducia mia.
24 Maggio 1959 – Consacrazione Parrocchia al S. Cuore di Maria“





